Risolto il mistero della conservazione della memoria dopo il ricambio proteico

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIX – 22 ottobre 2022.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Jeanne… seminava ovunque ricordi, come

si gettano grani in terra, di quei ricordi

le cui radici durano fino alla morte.

[Guy de Maupassant]

 

La nostra memoria è un mondo più perfetto dell’universo:

restituisce la vita a coloro che non esistono più.

[Guy de Maupassant]

 

 

“Quando a lezione di fisiologia appresi che la memoria dipendeva dalle proteine sinaptiche, chiesi come fosse possibile con il normale ricambio delle proteine avere memorie permanenti o, comunque, di lunga durata. Dopo una breve esitazione, il professore rispose che il turnover delle proteine era una questione irrilevante per la conservazione delle memorie, lasciando intendere che l’impronta della memoria era da ricercarsi nel DNA e nelle modificazioni funzionali delle reti neuroniche. Ben presto seppi, invece, che il mistero delle memorie che sopravvivono alle proteine che le hanno codificate, dopo che queste sono state ricambiate, era uno dei problemi all’ordine del giorno nella ricerca sulla biologia molecolare della memoria.

Il mio quesito aveva, in realtà, una risposta in un modello di meccanismo in due passi proposto da Francis Crick nel 1984: il primo step consiste in una proteina multimerica, costituita da subunità che si possono fosforilare a vicenda; il secondo step richiede che la proteina vada incontro a ‘scambi di subunità’ tali che le subunità originarie possano essere scambiate con altre nuove che le sostituiscano nel complesso attivo, dove possono essere fosforilate acquistando le proprietà degli elementi della proteina iniziale[1]. Un modello alternativo è che gli oloenzimi attivi, rimanendo integri, possano trasferire direttamente l’attività agli oloenzimi inattivi”[2].

Con queste parole del nostro presidente introduciamo un argomento di grande interesse per tutte le branche delle neuroscienze, in quanto riguarda le memorie alla base di tutti i processi cerebrali e mentali, e che a lungo è apparso come un mistero: come è possibile che noi conserviamo ricordi per anni se le proteine che li codificano hanno un’emivita di pochi giorni?

Numerosi gruppi di ricerca hanno fornito dati rilevanti nel corso degli anni, e su tali acquisizioni si continua a lavorare. Tra le evidenze biochimiche emerse di recente, vi è che chinasi come la CaMKII, quando attivate, possano propagare la propria attività agli enzimi inattivi.

Joel Lee, Xiumin Chen e Roger A. Nicoll hanno esplorato la possibilità che la proteinchinasi II Ca2+/calmodulina-dipendente (CaMKII) attivata possa trasmettere la sua attivazione alla CaMKII inattiva, in funzione del mantenimento dell’informazione codificata al livello sinaptico. Studiando questo processo su sinapsi in sezioni sottili di ippocampo in coltura, i tre ricercatori sono riusciti a rilevare e documentare il trasferimento di attività.

(Lee J. et al., Synaptic memory survives molecular turnover. Proceedings of the National Academy of Sciences USA 119 (42): e2211572119 – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.2211572119, 2022).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Cellular and Molecular Pharmacology, University of California at San Francisco, CA (USA); Department of Physiology, University of California at San Francisco, CA (USA).

[Reviewed by Margaret Stratton and Roberto Malinow].

La conservazione della memoria nel tempo è dimostrata in modo impressionante dalle memorie della specie codificate nel DNA e ontogeneticamente ricostruite in ogni processo embriogenetico, ma l’intelligenza umana ha sviluppato fin dalla notte dei tempi mnemotecniche per registrare e consolidare quelle memorie esplicite che, nel gergo della neuropsicologia, si chiamano memorie semantiche.

Si citano innumerevoli casi di memoria prodigiosa, come quello di Scipione che aveva imparato i nomi di tutti i cittadini romani; Cinèa, ambasciatore di Pirro, in meno di un giorno aveva mandato a memoria i nomi di tutti i cavalieri e tutti i senatori di Roma; ma ben più impressionante era la capacità di Mitridate, re del Ponto e di ventidue nazioni con idiomi diversi: processava i cittadini di ciascun popolo tenendo l’arringa in ciascuna delle ventidue lingue, senza mai ricorrere agli interpreti. Ma anche nei secoli seguenti sono narrati tanti esempi, e si riferisce della memoria prodigiosa di Papa Clemente VI, o di Lipse, che conosceva Tacito a memoria e si esibiva sfidando chiunque a dargli una coltellata se avesse sbagliato un solo verso, e vi era poi Scaliger che in soli ventuno giorni aveva imparato a memoria Iliade e Odissea.

Non c’è quindi alcun dubbio sulla stabilità di memorie e ricordi che possono durare tutta la vita e, dunque, non risentono del necessario ricambio delle proteine che costituiscono gli elementi fondamentali per la conservazione dei codici identificativi di ciascuna memoria.

Prima di entrare nel dettaglio del lavoro qui recensito, ricordiamo alcuni passaggi della ricerca sulla biologia molecolare della memoria con le parole di un grande protagonista, Eric Kandel, che nel 2000 ha ricevuto il Premio Nobel per questi studi.

“Questa scoperta suggerì che l’immagazzinamento mnemonico a lungo termine richiede nuove proteine. Nel loro insieme, le due serie di studi sembravano confermare l’ipotesi che l’immagazzinamento mnemonico avviene in almeno due stadi: una memoria a breve termine, della durata di minuti, viene convertita – per mezzo di un processo di consolidamento che richiede la sintesi di nuove proteine – in una memoria a lungo tempo, stabile della durata di giorni, settimane o anche più. […] Rimaneva la questione del meccanismo: i meccanismi della memoria a breve e a lungo termine sono gli stessi? In caso affermativo, qual è la natura del processo per mezzo del quale la memoria a lungo termine si consolida? Per le variazioni sinaptiche a lungo termine associate all’immagazzinamento mnemonico a lungo termine è necessaria la sintesi proteica?”[3]

“Nel 1968 Ed Krebs, alla Washington University, fornì l’intuizione di base del modo in cui l’AMP-ciclico produce i suoi effetti ad ampia diffusione: l’AMP-ciclico si lega a un enzima e lo attiva, un enzima che Krebs chiamò “proteinchinasi AMP-ciclico-dipendente” o “proteinchinasi A” (essendo la prima proteinchinasi scoperta). Le chinasi modificano le proteine aggiungendo una molecola di fosfato, un processo noto come fosforilazione. La fosforilazione attiva alcune proteine e ne disattiva altre. Krebs scoprì che la fosforilazione è prontamente reversibile e quindi può fungere da vero e proprio interruttore molecolare, accendendo o spegnendo l’attività di una proteina”[4]. […]

“Con la scoperta che la memoria a lungo termine richiede la crescita di nuove connessioni sinaptiche, avevamo qualche nozione in più di ciò che rende questo immagazzinamento più solido e durevole. […] se si blocca la sintesi di nuove proteine durante un periodo critico – cioè durante e poco dopo l’apprendimento – ne consegue il blocco sia della crescita di nuove connessioni sinaptiche sia della conversione mnemonica dal breve al lungo termine”[5].

“…mentre un impulso singolo di serotonina accresce l’AMP-ciclico e la proteinchinasi A soprattutto alla sinapsi, impulsi ripetuti di serotonina producono concentrazioni più elevate di AMP-ciclico, inducendo la proteinchinasi A a spostarsi nel nucleo dove attiva i geni. Studi successivi dimostrarono che la proteinchinasi A si avvale di un’altra chinasi, chiamata MAP chinasi. […] Una stimolazione ripetuta fa spostare la proteinchinasi A e la MAP chinasi nel nucleo, dove la proteinchinasi A attiva la CREB-1 e la MAP chinasi disattiva la CREB-2. […] In effetti, le opposte azioni regolatrici delle due forme di CREB costituiscono una soglia per l’immagazzinamento mnemonico, presumibilmente per garantire che vengano apprese soltanto le esperienze importanti”[6].

Ritorniamo alla nostra recensione.

La questione affrontata in questo studio – come si diceva – interessa estesamente il campo delle neuroscienze, perché riguarda le memorie alla base di tutti i processi cerebrali, incluse quelle procedurali per i movimenti più elementari ed essenziali. Il mistero su come la configurazione strutturale della funzione, quella forma che è memoria[7], possa essere conservata nonostante le proteine, ossia gli elementi costituenti, siano sostituite, si imponeva con prepotenza nel caso della memoria cellulare neuronica, ovvero il potenziamento a lungo termine (LTP) legato all’attività dei recettori NMDA del glutammato. Questa base riconosciuta di memoria e apprendimento presenta una durata di almeno 150 giorni, a fronte dell’emivita della maggior parte delle proteine sinaptiche di 2-5 giorni. Dunque, il ricambio delle proteine avviene moltissime volte anche per le memorie più banali.

La questione definita in termini di ipotesi di ricerca da accertare sperimentalmente ha seguito il modello proposto da Crick, di cui si è detto più sopra. Joel Lee, Xiumin Chen e Roger A. Nicoll hanno verificato che la CaMKII soddisfa le condizioni necessarie al primo step del modello. La CaMKII è un dodecamero in cui il legame Ca2+/CaM avvia all’interno dell’oloenzima la fosforilazione intra-subunitaria e inter-subunitaria.

Da rilevare che è stato dimostrato che, dopo un segnale temporaneo di Ca2+, la chinasi rimaneva attiva: uno stato definito autonomia. Questa evidenza stabilisce che CaMKII può convertire un segnale di calcio temporaneo in un segnale che dura molto oltre lo stimolo iniziale. All’incirca allo stesso tempo, è stato dimostrato che CaMKII è richiesta per l’induzione di LTP e, inoltre, è in grado di mimare da sola il potenziamento LTP. Più recentemente è stato anche accertato che CaMKII è richiesta per il mantenimento dello stato sinaptico di LTP, almeno durante la prima ora, così legando il primo passo di autonomia di CaMKII al potenziamento a lungo termine.

Ma, CaMKII possiede i requisiti necessari al secondo step del modello di Crick?

Recenti evidenze biochimiche suggeriscono una risposta positiva al quesito. Usando la microscopia a fluorescenza con totale riflessione interna per tracciare singole molecole di CaMKII etichettate con contrassegni fluorescenti, si è rilevato che l’attivazione degli oloenzimi CaMKII innesca la co-localizzazione di subunità tra gli oloenzimi, inclusi quelli inattivati, risultanti nella fosforilazione indipendente dal calcio delle nuove subunità. Altri studi hanno trovato supporto per un differente meccanismo; in ogni caso tutti questi studi dimostrano che la CaMKII attivata può trasmettere la sua attivazione alla CaMKII nativa.

Allora gli autori dello studio si sono chiesti: questa propagazione di attività può essere il meccanismo che consente di aggirare l’ostacolo del turnover delle proteine per mantenere le memorie?

Joel Lee, Xiumin Chen e Roger A. Nicoll si sono avvantaggiati dal fatto che l’attività costitutiva di CaMKII indipendente dal Ca2+, acquisita prima della preparazione delle sezioni sottili di ippocampo in coltura, fornisce una traccia perdurante della memoria presso le sinapsi. Nelle fettine ippocampali in coltura, questa persistente attività di CaMKII, in assenza di stimolazione da Ca2+ rimane stabile per un periodo di 2 settimane, cioè molto oltre il tempo del turnover della proteina CaMKII.

Sulla base di questi risultati, i tre ricercatori propongono questo meccanismo per il mantenimento delle memorie al di là del turnover delle proteine implicate nella loro codifica: le proteine CaMKII nascenti a due settimane hanno acquisito la loro attività dalle molecole attive di CaMKII preesistenti, che hanno trasferito la propria attività alle molecole di nuova sintesi le quali, a loro volta, la propagheranno alle nuove, mantenendo così la memoria nonostante il ricambio.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-22 ottobre 2022

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Francis Crick, Memory and molecular turnover. Nature 312, 101, 1984.

[2] Giuseppe Perrella, I meccanismi sinaptici della memoria, p. 2 (relazione introduttiva all’incontro di aggiornamento su “Neurobiologia della memoria”), BM&L-Italia, Firenze 2008.

[3] Eric R. Kandel, Alla ricerca della memoria – La storia di una nuova scienza della mente, pp. 196-197, Le Scienze su licenza Codice Edizioni, Torino 2008.

[4] Eric R. Kandel, op. cit., pp. 211-212.

[5] Eric R. Kandel, op. cit., pp. 243-244.

[6] Eric R. Kandel, op. cit., pp. 244-247.

[7] Giuseppe Perrella, I meccanismi sinaptici della memoria, op. cit., p. 3.